USA – storia sentenza su brevetto software

Finalmente, anche negli Stati Uniti d’America un giudice decreta la non brevettabilità degli algoritmi, accomunando il software alle applicazioni matematiche.

La giustizia USA si muove per rimediare ai paradossi del sistema brevettuale americano: come in Europa, si chiarisce che gli algoritmi non sono materia brevettabile: respinta la richiesta di UNILOC che citava Rackspace per violazione del proprio portafoglio brevetti. Non solo, la corte si è espressa dichiarando che l’Ufficio brevetti statiunitense (USPO) avrebbe dovuto respingere lo stesso al momento della registrazione.

Si tratta di una materia spinosa: fino ad alcuni anni fa, gli uffici brevetti hanno registrato qualsiasi richiesta, senza quasi valutarne i requisiti, pur di incassare il relativo pagamento. Si è persino diffusa l’opinione che: “se l’ufficio accetta, il brevetto è valido”, opinione diffusa persino tra sedicenti dottori in legge di mia conoscenza. Finalmente, questo assioma viene spezzato: i brevetti servono per evitare che gli autori portino le proprie intuizioni nella tomba, pur di evitare che qualcuno possa loro rubare l’idea; è materia brevettabile solo un’applicazione innovativa, non banale e adatta alla produzione industriale.

Appaiono stupidi e paradossali i brevetti relativi alle sequenze Yoga, che non sono state di certo inventate dal depositario del relativo brevetto, quelli relativi alle sementi già in uso da millenni (se esiste un PRIOR ACT non si è certo di fronte ad un’innovazione!) e a mio parere, anche il brevetto “1Click” di Amazon, che serve a comprare con un click, senza chiedere ogni volta i dati della carta di credito. In sostanza, non si può brevettare l’acqua calda!
La giustizia americana mette un freno alle società che non producono, ma agiscono come vampiri, con l’unico intento di succhiare il sangue a chi utilizza i loro ridicoli brevetti, banali, astratti e più simili ad algoritmi che ad applicazioni industriali.

UNILOC, di fatto, non ha mai prodotto alcunché, limitandosi a guadagnare intentando cause a destra e a manca, non da ultima quella conclusasi dopo otto con cospicuo un accordo ai danni di Microsoft.

Per la prima volta, una corte USA si muove sulle posizioni dell’UE, che storicamente non accetta brevetti software: con queste premesse, potrebbe essere più facile uniformare le regole vigenti dalle due parti dell’Atlantico. Una sentenza storica?

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